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Il correttore di bozze? Un costo inutile per l’editore del nuovo secolo

Treviso. Il senso di responsabilità dei giornalisti nell’era della scomparsa dei correttori di bozze è del tutto inesistente.

Non si discute. Un’anarchia lessicale in piena regola, senza precedenti, ha preso corpo nelle redazioni dei quotidiani italiani locali e nazionali, insieme  a quelle delle emittenti  radiotelevisive.  Decenni fa i professori delle superiori suggerivano agli studenti  in difficoltà in italiano la lettura dei giornali per poter sperare di migliorare il proprio modesto livello nella padronanza della nostra lingua ufficiale.

Uno studente di oggi,  invece, in difficoltà in questa materia rischia un chiaro, un indiscutibile ed un irreversibile ulteriore peggioramento culturale se prendesse alla lettera questo validissimo suggerimento di un tempo, nel periodo in cui si scriveva e si parlava l’italiano (!). Quello bello, quello vero, l’originale e non lo strano guazzabuglio lessicale che i “professionisti” dell’informazione e della comunicazione in generale di questi ultimi anni ci impongono senza soluzione di continuità.

Per una volta lasciamo da parte gli orribili ed inutili anglismi che tanto danno stanno provocando alla nostra lingua nazionale. Concentriamoci  invece su quello che resta del nostro martoriato idioma che leggiamo sulla carta stampata od ascoltiamo alla radio e nelle emittenti televisive. Chi dovremmo ringraziare per questa imbarazzante situazione? Chi sono i responsabili del degrado del linguaggio giornalistico? Dove sono finite la meticolosità, l’attenzione, la cura dei professionisti del settore di una volta considerate da sempre le dirette emanazioni  dell’autorevolezza, della competenza e della credibilità di chi scriveva un articolo di giornale o di chi preparava un servizio radiotelevisivo?

Il direttore di un quotidiano, di un periodico o di una rete radiotelevisiva sembra più un “tagliatore di teste” che un affidabile tutore del nostro patrimonio culturale. È evidente che abbia oramai come unico fine ultimo quello di soddisfare l’editore di turno insofferente ai presunti rami secchi. Pur di consolidare il proprio ruolo di prestigio raggiunto dopo anni di lavoro, egli tende ad assecondare, auguriamoci con almeno qualche piccolo senso di colpa, le pretese di chi vive solo di bilanci, di costi, di perdite, di quotidiani o riviste invenduti, di modeste percentuali di ascolto dei radiogiornali o dell’edizione del telegiornale della sera.

Nessuno ricorda più o desidera ricordare quanto siano stati indispensabili, fondamentali  e determinanti invece i correttori di bozze. Sempre utili per qualche consiglio, sempre presenti per verificare insieme le informazioni raccolte necessarie a scrivere l’articolo da pubblicare il giorno dopo, oppure il testo di un servizio che sarebbe andato in onda nell’edizione del telegiornale dell’emittente televisiva in cui si lavorava.

Chi ha soprattutto l’umiltà di testimoniare e, quindi, di ammettere l’imprescindibile importanza del loro intervento per evitare ai colleghi poco attenti le figuracce grammaticali, lessicali e della punteggiatura? Veri e propri incubi del giornalista che deve scrivere un articolo o preparare un servizio giornalistico radiotelevisivo con l’ansia della lancetta dei secondi che scorre via in modo inesorabile.

Oggi tutto questo non conta più. Quella scrivania è dannatamente vuota, anzi, non esiste più.

Il risultato lo si legge o lo si ascolta ovunque. Non c’è tempo per questi improduttivi passaggi nelle redazioni del nuovo millennio. Si incrociano le dita e l’italiano lentamente va a farsi benedire.

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