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L’italiano, un malato cronico che nessuno vuole più guarire?

Treviso. C’è proprio da chiedersi oramai se nel nostro paese martoriato da un’improvvisa pandemia e da imbarazzanti classi dirigenti, pubbliche e private che si sono succedute nel tempo, vi sia ancora qualcuno veramente  interessato a salvare la nostra bellissima lingua che si trova in un evidente stato di abbandono e di degrado lessicale.

Il Presidente del Consiglio (non “Premier”, art. 92 della nostra Costituzione, bontà vostra!!) Dott. Draghi l’anno scorso, nel corso di una conferenza stampa s’interruppe all’improvviso per chiedere ai giornalisti presenti (da decenni inequivocabili complici fra i tanti del quotidiano massacro del nostro idioma nazionale) del perché dell’utilizzo di parole INGLESI (!), scriviamolo di nuovo, INGLESI (!) nei nostri discorsi, nei titoli ed articoli della carta stampata, ovunque, senza un minimo di imbarazzo.

Meno che mai di vergogna nel momento in cui si viene a scoprire che per i cittadini anglosassoni le parole pseudo-inglesi come  “smart working”, “ticket” (nell’accezione data da un anonimo burocrate della sanità italica, in chiara crisi di astinenza), basket, ecc…” siano del tutto incomprensibili ma, in particolare, inesistenti nel loro vocabolario.

Anzi. Rimasti nudi come mamma li ha fatti fanno spallucce e, con una malcelata superbia professionale, persistono invece con lo schizofrenico “me ne frego” di fascista memoria. Magari pure rincarando la quotidiana dose di veleno per rivendicare in questo modo la loro indipendenza ed autonomia lessicale che sta producendo soltanto gravissimi danni ed una anarchia linguistica senza precedenti.

Non si tratta nemmeno più di un discorso di vecchie e di nuove generazioni, di professionisti del “Secolo Breve” o dell’era del digitale. Per una volta ci possiamo risparmiare la banale affermazione “ah, ai nostri tempi…” . L’uniformità anagrafica di oggi nel vilipendio della lingua di Dante Alighieri, per non parlare di tutti gli altri Maestri della Letteratura Italiana che gli sono succeduti, è un fatto assodato, acquisito, indiscutibile, incontrovertibile.

Le persone che potrebbero ma, soprattutto, dovrebbero intervenire non fanno assolutamente nulla, proprio nulla. Prima il Presidente del Consiglio (!) Dott. Draghi, poi il Presidente della Repubblica il Dott. Mattarella (anche se in verità per l’indiscriminato e generalizzato uso degli acronimi) si sono timidamente posti il problema. Hanno ragionato a voce alta sull’evidente ed imbarazzante stato in cui versa da molti anni la nostra lingua materna ma in concreto non hanno compiuto nessun atto ufficiale, non hanno sollecitato nessun disegno di legge da presentare in Parlamento, non hanno stimolato chi di dovere ad organizzare campagne di sensibilizzazione dell’opinione pubblica a favore dell’italiano. Quello vero, quello bello, quello che non esiste più!

I loro illustri predecessori non sono stati affatto da meno. Persino i segretari di partito che sbraitano ai quattro venti nelle loro quotidiane uscite da campagna elettorale senza fine “…prima gli italiani…”, non si sono mai degnati, non si sono mai impegnati in difesa della nostra moribonda lingua. Nemmeno qua e là con un virile, con un vigoroso, con un autarchico “…prima la lingua italiana, prima l’italiano…”. Niente, neppure loro sono interessati all’argomento. Un ennesimo velo pietoso sulla “Chi l’ha vista?” sinistra italiana. Nulla, di nulla. Non pervenuta e non solo “da mo”!

Siamo prossimi alla elezione del nuovo Presidente della Repubblica italiana. Molti settori della società civile si stanno impegnando a favore di un presidente donna. Legittimo, condivisibile, prima o poi inevitabile. Ci auguriamo prima visto gli invidiabili precedenti in giro per il mondo. Il genere di un essere umano però non deve essere il  valore aggiunto per ricoprire ruoli importanti e vitali nell’ordinamento giuridico di uno Stato, di un ente pubblico, di un’azienda statale o privata che sia. Anzi, è superfluo. Una discriminante del tutto inutile, anacronistica, senza senso. Quello che deve interessare, quello che sono veramente importanti dovrebbero essere invece: la professionalità, la competenza, la serietà, l’affidabilità, l’etica politica e costituzionale (anche se al direttore Feltri “…non gliene frega niente dell’etica…”) ma, soprattutto, una irreprensibile determinazione nel difendere al meglio le molteplici qualità culturali, imprenditoriali e professionali presenti nel nostro territorio nazionale. Ecco, appunto, le nostre peculiarità culturali.

Se concentriamo la nostra attenzione sui passati Ministri dell’Istruzione donne, non c’è nemmeno una che si sia degnata di intraprendere una costante, una persistente, una tambureggiante ma, soprattutto, una risolutiva iniziativa di governo in difesa della propria lingua nazionale, come avvenuto invece in altri paesi dell’Unione Europea a favore dei propri idiomi. Il Ministro dell’Istruzione la Sig.ra Gelmini addirittura, quando era in carica in questo dicastero, si impegnò a voler invece e soltanto realizzare, senza successo peraltro, il famosissimo motto elettorale berlusconiano  “Le tre i: internet, inglese, impresa”. Qualche concreto segnale in difesa dell’italiano? Nulla, nulla di nulla.

Partendo dagli incriminati anni novanta del secolo scorso dove tutto ebbe inizio troviamo la Sig.ra Russo Iervolino, segue la Sig.ra Moratti, a seguire ancora la già citata Sig.ra Gelmini, per poi passare in tempi più recenti, alla Sig.ra Maria Chiara Carrozza, alla Sig.ra Stefania Giannini, alla Sig.ra Valeria Fedeli, alla Sig.ra Lucia Azzolina e, infine, alla Sig.ra Maria Cristina Messa.

“Un indizio è un indizio, due indizi sono una coincidenza, tre indizi sono una prova” così recita un bellissimo aforisma della nota autrice di romanzi gialli (non CRIME!) Agatha Christie. Ebbene, nel nostro personalissimo elenco di ulteriori potenziali colpevoli siamo arrivati a quota otto. Se questa non è una prova schiacciante della totale indifferenza delle donne delle nostre istituzioni nei confronti della nostra morente lingua italiana, cos’altro è possibile pensare o scrivere?

Intendiamoci, nulla contro la lingua inglese. Tutt’altro. Prima però risolviamo il problema della sopravvivenza della nostra lingua e della sua adeguata conoscenza da parte dei cittadini italiani. Cerchiamo di salvare dall’estinzione una bellissima lingua che secondo gli Accademici della Crusca fra qualche decennio sarà invece più povera ed irriconoscibile, soprattutto per colpa degli anglismi e degli pseudo-anglismi molto spesso inventati di sana pianta.

In seguito, ma magari anche contemporaneamente, nulla ce lo vieta, dedichiamoci pure all’altrettanto bella lingua dell’inglese. L’originale però, quella che gli anglosassoni riescono a riconoscere e capire. La lingua del mondo moderno, della comunità mondiale di questi anni, la lingua dell’imperante potere politico, economico e finanziario internazionale di oggi e dei prossimi decenni.

https://www.lastampa.it/cultura/2017/01/11/news/l-italiano-una-lingua-in-via-di-estinzione-1.34666815/

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